martedì 11 ottobre 2011

Recensione

Architettura e modernità
Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica


Antonino Saggio
Carocci, Roma 2010 (467 p.)

Ipotizziamo di non voler leggere questo libro. Osservandolo possiamo fare le prime considerazioni. Architettura e modernità si articola in otto parti, trentatre capitoli, quattrocentosessantasette pagine, quattrocentoquarantadue illustrazioni. Di per sé questi numeri dicono poco o niente, ma se consideriamo il sottotitolo – Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica – le cifre permettono di fare alcune riflessioni.

Il testo copre un arco temporale molto ampio, circa ottanta anni. Le date, come le parole, sono importanti e l’autore sembra riconoscerne il valore: ogni parte del libro ha infatti una datazione storica. La suddivisione temporale appare essere un primo elemento di comprensione della struttura. La scrittura risulta essere sequenziale, lineare, come è naturale che sia per un testo che si presenta come una storia dell’architettura, seppur abbia un taglio saggistico, come dice lo stesso Saggio.

Ottanta anni di storia dell’architettura sono qui sintetizzati in otto parti di limitata ampiezza: l’autore ha fatto una sintesi, certo, ma soprattutto delle scelte.

Per comprenderle, ci aiutiamo, dopo i numeri, con le immagini. Sfogliando il testo scopriamo che esse non sono scontate, ma accuratamente selezionate; raccontano il libro, prima ancora delle parole.


L’immagine in copertina riproduce un particolare di uno degli edifici progettati da Eric Owen Moss a Culver City, in California. La scelta si ritiene legata a quel «What Wall?» che il progettista scrive, sul suo sito internet, accanto all’immagine. La parete piana, asettica ed austera, tenta di comprimere il nuovo muro, che da essa fuoriesce. Entrambi costituiscono l’involucro, ma mentre il primo ha un carattere bidimensionale, il secondo sembra muoversi in più direzioni, quasi ci fossero dei fili immaginari a tirarlo. Come un quadro cubista, esso si impadronisce della quarta dimensione: il tempo.

L’immagine scelta dall’autore è un’architettura in movimento. Essa sovverte il sistema canonico e rappresenta il cambiamento che l’informatica ha apportato anche nell’architettura.

L’immagine che introduce la prima parte del libro – Gli anni della macchina: 1919 – 29 – intende rimarcarne il tema: in primo piano vi è infatti “la macchina”, mentre è relegata sullo sfondo la casa all’Esposizione Weissenhof a Stoccarda di Le Corbusier. Comprendiamo, dunque, che il libro parte da quell’idea di progresso e d’innovazione che trova nell’architettura degli anni trenta la sua prima celebrazione.

Questa immagine spiega quel “Dal Bauhaus” del sottotitolo, mentre la Mediateca di Sendai di Toyo Ito, che campeggia sulla pagina dell’ottava ed ultima parte – La rivoluzione informatica dell’architettura. Dopo il 2001 –, rappresenta l’era digitale.

Il progetto dell’architetto giapponese è, a ben diritto, simbolo di tendenze architettoniche che possono ricondursi alle trasformazioni dovute alla comunicazione globale. La Mediateca è trasparente, interagisce con l’esterno, la struttura richiama gli elementi naturali e di essi riprende quell’idea di crescita e di sviluppo continuo. Quest’architettura si fa interprete dell’esigenza contemporanea di una diffusione priva di confini, materiali e immateriali.

Questo ed altro può dedursi dalle immagini scelte dall’autore. Esse spaziano dai progetti di architettura, alla pittura, alla scultura; sottolineano che la storia degli eventi politici e dell’arte debbono leggersi insieme, per poterne comprendere scelte e rappresentazioni.

Le parole, i titoli, i paragrafi, i nomi permettono di intendere profondamente ciò che le immagini e le date fanno solo intuire. Esse consentono di dedurre quel codice interpretativo che l’autore attua per spiegare un processo, definito “rivoluzione”. L’informatica e l’informazione hanno provocato un mutamento profondo nelle nostre vite, comportando il vacillare, se non la deflagrazione, del modello precedente, comunemente assunto.

Il libro è un viaggio attraverso l’architettura, dove forme e idee si spiegano vicendevolmente. E’ un percorso, apparentemente lineare, ma ricco di rimandi ed analogie: un continuo guardare al prima per spiegare il dopo.

Architettura e Modernità tenta di aggiungere un tassello mancante alla storia dell’architettura, ricerca il filo conduttore capace di spiegare la presenza del quarto potere – l’informazione – nell’architettura contemporanea.

Le scelte di progetti e progettisti, non tutti condivisibili, sono sempre funzionali allo scopo: evidenziano e spiegano. Del resto si sa: il fine giustifica i mezzi.